Pievebovigliana, quella vecchia messaggeria

4' di lettura 06/07/2010 -

Quel tratto di superstrada tra Sfercia e Ponte la Trave, fortemente voluto dall’amico Sen. Mario Baldassarri e recentemente aperto al traffico, lascia al visitatore la possibilità di leggere gli edifici che insistono lungo la vecchia Ss. 77, intorno al complesso incrocio di Ponte la trave, dov’era un semaforo che scandiva i tempi di percorrenza e dove una volta c’era un’importante stazione di posta.



Così qualche giorno fa, insieme al maestro Fernando Mattioni, siamo andati alla scoperta della piccola frazione di Camerino con una guida d’eccezione: Alessandro Moreni detto “Serenelli”. L’ottuagenario Moreni, oltre ad essere stato un valente trebbiatore e l’ultimo oste di Ponte la trave, è appassionato cultore di storia locale, conosce l’Archivio di Stato e soprattutto, essendo un indigeno ancora attivo, aiuta il figlio in una officina meccanica specializzata nei lavori di riparazione dei mezzi agricoli. Una vera testimonianza vivente, uno di quei personaggi che l’amico Febo Allevi amava definire “parlante”. Egli ci mostra il ponte “romanico”, ci indica dov’era la neviera della locanda dei Cianni, ora residenza dei Varnelli, l’edificio del Consorzio dov’era precedentemente il fienile e la scuderia con quattro mangiatoie a testa per otto cavalli. Ci mostra inoltre le cicogne che aggettano sul fronte di casa sua, ci parla della vecchia fontana, del pozzo del vicino convento dove san Francesco trasformò l’acqua in vino, ci indica San Maroto accennando alla sua architettura misteriosa da Codice da Vinci, ci dice dov’era l’ufficio postale e ci indica il tracciato della strada per Camerino, quella di San Marcello, sottolineando con una certa dose di orgoglio che era chiamata “Strada Reale”.


Insomma una lezione soddisfacente che va in qualche maniera filtrata, specialmente in questo periodo in cui amministratori di ogni ordine e grado parlano ovunque e spesso in maniera approssimativa di generiche infrastrutture (viarie!) e di trasporti su gomma, su rotaie e magari per via fluviale. Allora, per vedere cos’è cambiato in questo meraviglioso incrocio della “Val di Chienti”, vale la pena andarsi a leggere la lettera di protesta pubblicata da “L’Appennino” del 1° febbraio 1886, lettera anonima in quanto porta la firma di “un contribuente”:


“La messaggeria da Pievebovigliana a Camerino è così poca cosa che non è niente ossia non è altro che la messaggeria di Fiordimonte la quale, dovendo passare per forza alla Pieve, vi si ferma per qualche minuto, piglia la posta, carica su finchè ce n’è finchè ce n’entra sacchi, bigoncine, canestri e cristiani; signorine profumate di muschio e butteri che tanfano di pecorime e fa trascinare ogni cosa da un magro mulettino del quale ho sempre profondamente ammirato la fermezza dei propositi e la salute di ferro.


Non vi dirò che sia un mezzo celere per andare al capoluogo e per tornarne: ma non è neppure un mezzo comodo, ve lo giuro. Non è colpa del conduttore il quale non dice di no a nessuno, è una garbatissima persona e potrebbe dar molti punti a certi vetturini di città. Ma l’urbanità delle maniere conta poco quando voi, per due lunghe ore, non trovate modo da stender le gambe senza pericolo di trovarvele immerse dentro un canestro d’uova o di schiacciar la testa, Dio ce ne guardi, a qualche loro genitrice innocente!


Non dico che non debba servire questa messaggeria anche per le merci perché sono il primo a riconoscere la necessità del loro trasporto; ma, in ossequio alle più indiscutibili teoriche dell’economia, proporrei la divisione del lavoro.
Durante l’inverno passi pure questo treno omnibus, perché della gente ne viaggia poca e qualche giorno basta il muletto solo, anche senza la cacciatora.
Ma durante l’estate e nell’autunno è assolutamente necessario dividere il treno merci da quello dei passeggeri.


La mattina, verso le 6 o anche prima, secondo la stagione, potrebbe partire la cacciatora o un carrettino col relativo mulo e potrebbe via via venire spazzando la strada, pigliandosi su sacchi e secchi, cesti di patate, bestiame minuto, contadini che amano lo spender poco, la completa libertà di linguaggio e il fresco mattutino.
Verso le 7 o 8 partirebbe una conveniente vettura dove piglierebbe posto la gente che non si cura di spendere qualche soldo di più ma ama i suoi comodi e la decenza, ha un santo orrore per la sbornia e per la bestemmia, ed ha un debole per l’orario preciso e le faccende esatte.
In questa guisa io credo che tutti sarebbero contenti e loderebbero il municipio della Pieve che fa le sue cose per bene e cammina a passo col progresso moderno.”


   

da Gabor Bonifazi
architetto






Questo è un articolo pubblicato il 06-07-2010 alle 21:28 sul giornale del 07 luglio 2010 - 1564 letture

In questo articolo si parla di macerata, gabor bonifazi, architetto

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