Matelica: uscire dalla 'società delle droghe'

5' di lettura 12/04/2014 - Si parla di dipendenze nel convegno “La società delle droghe”, organizzato nella Sala Convegni di Palazzo Ottoni dal Comune di Matelica, insieme con l’Asur Marche, dal Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’Area Vasta 3, dall’Associazione antimafia “Libera.

Dopo il saluto introduttivo di Denis Cingolani, Assessore alle politiche giovanili, il timone dell’incontro è stato preso da Paolo Nanni, che nel Ddp ci lavora, e che è stato un infaticabile fornitore di stimoli e spunti per i vari relatori e che introduce l’idea di fondo del convegno: l’argomento è più scottante di quanto si immagini. E lo stesso parterre è composto in modo da affrontare il tema da diversi punti di vista, complementari tra di loro.

Il primo ad essere chiamato in causa è Gianni Giuli, Direttore del Dipartimento Dipendenze Patologiche dell’Area Vasta, che introduce quello che poi si rivelerà il tema forte dell’incontro: la natura stessa della società odierna, la società dei consumi: “le aree del cervello che vengono toccate dal neuromarketing sono le stesse toccate dalle dipendenze. La nostra generazione, quella dei cinquantenni, ha sbagliato completamente il modello educativo: tutto permesso, tutto facile, anche a scuola, il tutto e subito porta fatalmente vicini alla droga, specie se pensiamo che lo stesso divertimento è ora fatto in un certo modo. I nostri ragazzi stanno copiando, recependo modelli dal Nord Europa, pensiamo al modo di bere”, un modo compulsivo del tutto estraneo alla vecchia cultura mediterranea. E anche le nuove droghe, aggiunge, sono semplicissime da ordinare via Internet. Un gesto, questo, ora del tutto naturale. Ma il problema è anche un altro, cioè la difficoltà a star dietro a prodotti sempre nuovi e ancora non abbastanza studiati. “Non sappiamo neanche bene le patologie, sappiamo solo che arrivano dei minori aggressivi e abbiamo problematiche per curarli. Per questo le unità di strada sono antenne fondamentali per avere il “polso” del territorio”.

E se si parla di unità di strada, chi meglio di Franco Gambacorta, numero 2 di Villa Maraini di Roma, la prima Casa di cura per tossicodipendenti, fin dagli anni ’70 che, forte della sua esperienza ebbe a dire: “l’eroinomane ormai ha la giacca e la cravatta” e che conferma che oggi “tutta la società si muove sulle droghe, a tutti i livelli, di strada e non. L’eroinomane di un tempo oggi non esiste più. Oggi sono tutti poliassuntori e purtroppo di un problema che lo Stato oggi continua a non vedere, che è l’alcool. A Tor Bellamonaca non esiste più una prevalenza del classico tossico da strada ma vengono tutti, viene il tassista, la guardia giurata, l’avvocato, il banchiere. C’è bisogno di forte intervento sul territorio, che si scontra con i problemi di oggi”, perché i soldi mancano.

Qui però Pierluigi Gigliucci, Direttore dell’Area Vasta 3, ci tiene a dire che le cose stanno cambiando, e che ora vengono rifinanziati progetti di prevenzione sul territorio. Forse però le parole più nette, ancorché pronunciate con pacatezza, sono quelle di don Marcello Cozzi, vicepresidente dell’associazione Libera. “Se si dava come titolo “La cultura delle droghe” era la stessa cosa, o “la società dei consumi” era la stessa cosa. Perché ci meravigliamo se i nostri ragazzi rincorrono le droghe, in una società che è costantemente dopata, che ha un’economia dopata”. Tante sono le forme di dipendenza, spesso incentivate dallo Stato. “In questo nostro Paese abbiamo 1 milione di dipendenti dal gioco d’azzardo, ma nessuno ne parla. Come Libera abbiamo fatto all’inizio dello scorso anno un dossier su questo, è una dipendenza a tutti gli effetti. Poi chi guadagna di più dal gioco è lo Stato. A margine di questo emerge il problema dell’usura, che porta a sua volta ad un’altra dipendenza, quella dal denaro. E dovremmo anche chiederci in questa società cosa è diventata la dipendenza da Internet, e a seguire, la dipendenza dal sesso.

Cito un giornalista che negli anni ’70 diceva a proposito delle droghe: “perché ci meravigliamo? La droga è semplicemente il verme che esce da un cadavere in putrefazione. Io non butterei la colpa addosso ai cinquantenni, dovremmo riflettere su questo sistema in putrefazione più che al verme. E allora, perché meravigliarsi?”.

E allora dove intervenire? Qualche esempio viene da uno dei consulenti delle istituzioni, il dott. Valerio Valeriani: “Sempre più stiamo spostando l’asticella sull’urgenza e l’emergenza. Pensiamo invece a strategie per la promozione del benessere. Lavorare molto sulla fascia degli adolescenti. Intercettare il problema del bisogno ad un livello più basso”. E lo stesso don Cozzi spiega quello che fanno loro, a Libera: ricercare ed esaltare la purezza dei giovani: “a loro diciamo: ci dovete aiutare a trasmettere la vostra radicalità, lacapacità di sognare. Perché noi ci siamo adeguati, il nostro linguaggio viene mediato costantemente, non va più al cuore delle persone”.

Il dibattito prosegue, il dott. Giuli fa in tempo anche ad esprimere tutto il suo scientifico scetticismo verso la distinzione tra droghe leggere e pesanti, e sulla liberalizzazione delle prime. Tocca all’assessore alla Sanità Rosanna Procaccini provare a sintetizzare tantissimi spunti e tentare una conclusione: “Come uscirne? O tamponare queste problematiche? Forse ritornando ad una vita quotidiana più sana e semplice, che affronti i problemi con quella capacità che forse all’inizio del novecento si aveva e che dava il gusto di aver ottenuto e realizzato qualcosa. E con l’importanza delle istituzioni, dall’ASUR, alle scuole, dalle amministrazioni più piccole alle associazioni di vario genere tra le quali aggiungerei, anche da noi, la realtà dei comitati di quartiere”.






Questo è un articolo pubblicato il 12-04-2014 alle 18:04 sul giornale del 14 aprile 2014 - 561 letture

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