Verdicchio, un viaggio in casa Provima con Denis Cingolani

6' di lettura 14/04/2014 - Verdicchio di qualità. Partiamo da questo presupposto per tutti coloro che il Verdicchio di Matelica e nello specifico quello della cantina Provima, non lo avessero mai assaggiato (cosa aspettate?).

E’ proprio la qualità la costante di un vino che nel 2013 ha battuto tutti i suoi precedenti record tra export e fatturato, aggiudicandosi senza dubbio la fama di etichetta del momento, sia nella versione dei Castelli di Jesi, sia in quella più particolare di Matelica. E proprio a Matelica abbiamo deciso di fermarci a ragionare su alcuni aspetti fondamentale di un prodotto in netta crescita che potrebbe diventare senza dubbio il volano dell’economia locale.

Per questo viaggio nel mondo del Verdicchio abbiamo scelto come pilota Denis Cingolani (nella foto-selfie con i suoi due 'bambini'), 27 anni, assessore all’Agricoltura, alle Politiche Comunitarie, Giovanili e del Volantariato, ma prima di tutto responsabile amministrativo della cantina Provima. Anche grazie a lui la cantina matelicese, prima conosciuta da tutti come ‘Enopolio’, sta vivendo una seconda giovinezza. Vedremo il perché nell’intervista.

(Riccardo) Pronti?

(Denis) Si, si prontissimi!

Iniziamo dal passato recente con la partecipazione al Vinitaly. Com’è andata l’esperienza a Verona per la Cantina Provima?
Come prima esperienza sicuramente è stata molto positiva. La presenza della nostra cantina in un evento internazionale è un fattore positivo ed importante, per dirla in due parole “bisogna starci”. Ad oggi la nostra azienda non aveva mai partecipato nonostante fosse la prima cantina nata a Matelica nel 1932 ed è quindi stata una svolta grazie ad un nuovo management aziendale. Una vetrina importante non solo per noi, ma anche per tutto il territorio matelicese in quanto ogni anno avere più cantine al Vinitaly significa molta più pubblicità.

Si è parlato moltissimo di Verdicchio nel 2013, con un aumento incredibile dell’export e del fatturato. Nelle Marche sono cinque i vitigni riconosciuti con il marchio docg, la Vernaccia di Serrapetrona, il Rosso Conero, l’Offida Passerina, il Verdicchio dei Castelli di Jesi ed il Verdicchio di Matelica, proprio a dimostrazione del fatto che il prodotto realizzato qui è unico al mondo per sapore e qualità nella produzione. C’è questa consapevolezza da parte del mercato italiano ed estero per quanto riguarda il Verdicchio matelicese?
Sicuramente questa consapevolezza è molto più sentita all’estero rispetto all’Italia, perché molto spesso noi italiani tendiamo a sminuire le nostre eccellenze per preferirne altre. All’estero c’è molta più fiducia nel made in Italy. Faccio un esempio: al Vinitaly su 10 contatti presi con i clienti, 8 erano stranieri.

Alla luce di ciò, su cosa sarebbe necessario puntare dal punto di vista economico nel nostro territorio nei prossimi anni?
Una forte sensibilizzazione verso tutti gli operatori per far capire che il Verdicchio di Matelica non è una ricchezza esclusiva degli addetti ai lavori, ma per tutto il territorio. Bisogna fare squadra per far venire a Matelica persone con l’attrattiva del Verdicchio e poi coinvolgerle con arte, musei e bellezze culturali e naturali della nostra cittadina. Matelica potrebbe anche diventare una piccola Montalcino, con un senso di appartenenza verso il prodotto locale eccellente. Perché Montalcino? Perché lì ad esempio nelle vetrine di qualsiasi negozio oltre ai prodotti in vendita ci sono esposte sempre anche bottiglie di vino. Mi è capitato addirittura di visitare un negozio di scarpe che vendeva e teneva in esposizione anche bottiglie di Brunello da Montalcino.

Facciamo un gioco. Siamo in un ristorante ed il cliente deve scegliere il vino per la cena. Se tu fossi il sommelier come convinceresti la persona che ti trovi di fronte ad optare per un Verdicchio di Matelica tra i tanti vini a disposizione in cantina?
Il Verdicchio di Matelica lo venderei come prodotto unico e tipico, perché può essere coltivato solo in questa particolare zona, mentre uno Chardonnay o un Merlot, vitigni molto più versatili, possono essere coltivati in più aree. Il Verdicchio invece è un vitigno autoctono e con le sue caratteristiche può essere coltivato solo in questa zona dal particolare microclima e terreno. Per far preferire un vino ad un altro non vanno descritte solo le proprietà organolettiche, ma serve descrivere anche il territorio in cui viene prodotto.

Quali sono le differenze tra un Verdicchio dei Castelli di Jesi ed un Verdicchio di Matelica?
Sostanzialmente tre: la prima è di carattere quantitativo infatti la superficie del primo è 10 volte superiore rispetto all’altro, la seconda è data dalle condizioni climatiche in quanto la zona di produzione del Verdicchio di Matelica è posta nell’unica vallata marchigiana esposta da nord a sud e quindi parallela al mare Adriatico ed esente da correnti marine. La terza differenza è che l’enclave di Matelica nel corso del tempo ha prodotto una particolare selezione del vitigno del Verdicchio, frutto dell’adattamento appunto delle diversissime condizioni climatiche. Dal punto di vista dell’assaggio, il Verdicchio matelicese è molto più minerale e persistente in quanto i terreni dove viene coltivato un tempo erano bagnati dal mare, non a caso il Verdicchio di Matelica è definito ‘rosso vestito di bianco’ per la longevità della conservazione.

Tornando alla vostra cantina, avete lanciato una nuova etichetta, sappiamo che si chiama Lamelia. C’è la presenti?
Lamelia è un progetto commerciale nato a fine 2013 che desidera innanzitutto valorizzare sempre di più il Verdicchio prodotto dalla nostra azienda, sdoganandolo dalle frontiere italiane ed europee con una nuova immagine senza rinnegare le proprie origini e tradizioni fondate appunto circa 80 anni fa. Desideriamo quindi metterci in gioco non nascondendoci più dietro l’immagine di vecchio enopolio.

Dobbiamo aspettarci altre novità in casa Provima? Avete in mente qualcosa per il futuro?
Sicuramente si, oltre ad allargare la gamma dei nostri vini attraverso anche al marchio Lamelia abbiamo avviato uno studio di fattibilità su possibili collaborazioni con altre realtà al fine di rafforzare sempre più la nostra presenza sul mercato nazionale ed estero.

Concludiamo questa piacevole intervista con un in bocca al lupo ed un saluto, con l’augurio di risentirci presto.
Vi ringrazio e vi saluto anch’io con un invito rivolto a tutti nel credere nella viticoltura vista non più come attività di secondo livello, ma bensì come ricchezza e futuro per il nostro territorio.

(clicca sulle immagini per ingrandire)








Questa è un'intervista pubblicata il 14-04-2014 alle 18:21 sul giornale del 16 aprile 2014 - 2051 letture

In questo articolo si parla di attualità, intervista, Riccardo Antonelli

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