Amici in musica, ecco i Cadilluck con le loro storie. L'intervista

Per capire meglio la loro intrigante storia siamo andati ad intervistarli.
Come nascono i Cadilluck?
Fin dai primi tempi abbiamo sempre scelto per descriverci una frase: “Abbiamo iniziato a suonare per gioco, e tutt’ora lo facciamo”, naturalmente quello che prima era solo un divertimento adesso è diventata più un’esigenza. Abbiamo infatti iniziato come cover band spaziando tra vari generi (dal blues dal quale siamo nati fino agli Arctic Monkeys) e siamo arrivati lo scorso anno a intraprendere una strada diversa. Scrivere canzoni è diventato ormai il vero scopo della nostra attività, per ricollegare tutte le esperienze fatte sui palchi dai primi anni, e per aggiungere a questo carico una voce nuova e autentica. Così già dalle prime canzoni abbiamo trovato un punto di svolta l’anno scorso con il terzo posto all’Homeless Rock Fest, grazie al quale abbiamo registrato i nostri primi inediti. Ma ritornando e ripensando a quella stanzetta ammuffita dove abbiamo iniziato a suonare, possiamo dire che quelli che adesso sono i Cadilluck erano nati per una semplice esigenza di stare insieme: il gruppo di amici che anni fa si incontrava per suonare gli AC/DC (anche male) adesso si ritrova a scrivere dei pezzi propri senza mai dimenticare da dove sono partiti.
Cosa vorreste trasmettere con i vostri pezzi?
Nello scrivere i nostri pezzi pensiamo principalmente a esprimere ciò che ci immaginiamo senza mezzi termini, con semplicità e chiarezza, senza perdere però il gusto di sfruttare al meglio le capacità che ci contraddistinguono nel suonare e nello stare sul palco. In un brano cerchiamo sempre di raccontare una storia, vissuta o immaginata, purché sia sentita come vera. Da un ragazzo che sale su un albero o che vuole partire per la luna, ogni canzone sia nel testo che nella musica tende prima di tutto a farsi ascoltare, a descrivere e far immedesimare chi ci sta davanti in quello che suoniamo. I testi partono sempre dalle nostre sensazioni e da quello che pensiamo quando ci ritroviamo insieme, e la musica è invece il frutto di un continuo tentativo di esprimere attraverso le note quello che il testo vuole trasmettere.
Cosa pensate del concetto di musica indipendente?
Musica indipendente per noi significa libertà di espressione, scrivere senza pressioni e in totale libertà, da non confondere però con la chiusura nei confronti di altre realtà. Noi stessi abbiamo sempre cercato di mescolare più generi, ultimamente anche con l’uso di nuovi strumenti (presto arriveranno canzoni un po’ diverse dai “tradizionali” Cadilluck, ispirate da ascolti differenti all’interno del gruppo: dagli Stato Sociale fino a i Kings of Leon). Significa sperimentare continuamente mantenendo una visione della propria musica autentica e diretta con il pubblico. In parole povere, la musica indipendente è tutt’altro che indipendente…
Pensate che agli artisti indipendenti sia concessa la giusta visibilità?
Spesso sono gli stessi artisti o gruppi a evitare un’eccessiva visibilità, o perlomeno la ricercano nei giusti ambienti dove la loro musica è ascoltata e accolta per come l’hanno effettivamente pensata. Nonostante questo alcuni gruppi indipendenti di spicco in Italia hanno trovato la propria strada all’interno di un mercato musicale che richiede continuamente nuovi volti sui quali puntare, e che spesso ignora questo tipo di attitudine nel fare musica.
Dove vogliono arrivare i Cadilluck?
Non abbiamo mai avuto dei veri e propri progetti, abbiamo sempre suonato con il gusto e la passione di quel momento. Attualmente stiamo scrivendo diversi nuovi pezzi che si aggiungeranno a quelli già conosciuti. Possibile che un giorno uscirà un EP? Forse, nel frattempo “scusate tanto se non è abbastanza” tanto per citare una nostra canzone.

Questa è un'intervista pubblicata il 12-12-2014 alle 13:00 sul giornale del 13 dicembre 2014 - 813 letture
In questo articolo si parla di musica, cultura, san severino marche, intervista, cadilluck
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