"Matelica? Mi ricorda un grande uomo" Flashback su Pannella firmato Pietro De Leo

A parte le sue battaglie sulla giustizia e le condizioni dei carcerati, di lui a occhio e croce non condividevo nulla. Adesso, siamo più o meno a gennaio dell’anno scorso, avrei dovuto intervistarlo per il Tempo e non c’era verso di rintracciarlo. Quindi stavo lavorando su un altro argomento e alle sette di sera, orario in cui si comincia ad accelerare per chiudere i pezzi, arriva la telefonata. “Sono Marco, che succede?”. Quando glielo spiego, arriva la mazzata: “Va bene, facciamo l’intervista. Ma non al telefono, vieni qui a Torre Argentina che dal vivo si parla meglio, ci prendiamo un caffè”. Ergo: ritardissimo con rischio di sforare sull’orario di chiusura della pagina. Comunque Pannella è Pannella e bisogna andare. Anche se appena arrivi ti dice con la cordialità più grande di questo mondo che c’ha ripensato l’ intervista non la vuole fare più. O mentre parla ti cambia argomento una marea di volte.
Tu gli fai le domande sulla stagione referendaria e lui ti va a parare sulla Lega Araba, i diritti umani e l’Onu. E tu, tutte le volte, devi riportarlo nell’argine. E lui che ti ricorda che “noi parliamo, sì, ma l’intervista la facciamo un’altra volta, che adesso non è il momento giusto”. E alla fine, però, ti fa il regalo: “Senti, comunque, fai un po’ come ti pare va', se la vuoi pubblicare pubblicala”. Perché lui è, era così. E lo sapeva e credo ci facesse pure un po’ apposta. E tu non potevi, dal tuo canto, non cogliere il meglio da conversazioni come quella. Che non finivano con l’intervista, ma proseguivano quando ti faceva vedere tutta la sede dei Radicali, con i poster, le foto, i manifesti elettorali delle campagne referendarie…la gigantografia di lui con il Dalai Lama. Più o meno la storia, o una parte di essa, della nostra Repubblica, su quelle pareti.
E poi mille altre argomenti: “Ah Matelica? Mi ricorda un grande uomo… Lo sai che significa ‘Siamo Nati a Matelica?’”. E niente, intanto si erano fatte le nove. Orario impossibile per sbobinare l’intervista e rimetterla a posto. Ma la conversazione valeva quello sforzo. Più in là lo risentii altre volte. Avevo parlato con Alessandro Casoni di organizzare un convegno a Matelica e chiamarlo come relatore. Provai a mettere in piedi la cosa, era più o meno giugno scorso e lui fu ben contento dell’invito. Fissavamo una data indicativa, poi rimandava o teneva in sospeso senza confermare. Poi ad un certo punto mollai la presa, forse sbagliando, anche perché avevo saputo che le sue condizioni di salute non erano al meglio.
Mi rimarrà la dedica in un libro, una raccolta d’archivio di Radio Radicale che poco prima dello scorso Natale aveva presentato alla sede della Treccani. “Come stai, Marco?”… “Eh, l’erba cattiva non muore mai”. Non era vero niente. Né che fosse cattivo, né, purtroppo, l’altra cosa.

Questo è un articolo pubblicato il 20-05-2016 alle 11:18 sul giornale del 21 maggio 2016 - 1389 letture
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